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Quando l’auto diventa culto di design industriale

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Una nuova ed interessante visita all’ADI Design Museum

Ho avuto l’opportunità di potere visitare a Milano il Museo dell’ADI (Associazione per il Design Industriale), situato in Piazza Compasso d’Oro, intitolata al prestigioso premio di design industriale con il quale vengono premiate le migliori realizzazioni industriali. Fra queste anche alcune che riguardano il mondo dell’auto. Tra le migliaia di oggetti esposti, alcuni di questi sono riconducibili al mondo dell’auto: attualmente la parte regina è rappresentata dalla Ferrari “Monza SP 1” esposta su una pedana proprio all’ingresso del Museo.

La Ferrari “Monza SP 1” è una Sport Prototipo disegnata da Flavio Manzoni del Ferrari Design e presentata al pubblico nel 2018. Nel 2020 questa bellissima auto si è aggiudicata il premio “XXVI Compasso d’Oro” con la seguente motivazione della giuria: “La capacità di proiettarsi nel futuro facendo tesoro della memoria e senza cadere nel Vintage”. Osservando l’auto sulla pedana, la prima cosa che si nota è l’imponenza della vettura con una configurazione a “Barchetta monoposto” ma con un volume anteriore “grande” che esprime esteticamente la grande potenza del motore celato sotto il cofano; un motore V12 aspirato da 65° di 6.5 litri di cilindrata e capace di erogare 810 Cv a 8500 g/min.

La seconda cosa che si nota di questa opera d’arte, è il “Cupolino rastremato” posto alle spalle del pilota che richiama le auto da corsa degli anni ’50 come le Ferrari “750 Monza” e “860 Monza” oppure come le meno italiane “Jaguar D” e “Porsche 550”. Le fattezze del muso anteriore, che richiamano le moderne Ferrari, ben si sposano con la coda “bombata” delle auto degli anni ’50 e ’60; mentre il posto guida – specialmente il volante – è improntato sul top che l’attuale tecnologia, improntata al futuro, è capace di offrire ad un guidatore competente ed esigente.

Proseguendo nel campo delle “automobili simbolo”,  fa sua bella mostra di sé un disegno tecnico della Fiat Nuova 500,  che ha vinto nel 1959 il premio “Compasso d’Oro”. La “Fiat Nuova 500”, la popolarissima auto utilitaria ingegnerizzata dall’Ing. Dante Giacosa, ha dato la possibilità agli italiani nel dopoguerra, di motorizzarsi. Senza dubbio di essere smentiti, si può ritenere L’Ing. Dante Giacosa il creatore di tutti i veicoli FIAT del dopoguerra; ossia l’autore di una serie di successi industriali internazionali che si possono collocare fra i simboli più espressivi di una epoca e del suo costume. La parte di grande interesse industriale esposta al museo, è certamente la parte dedicata agli schemi di Dante Giacosa, volti ad illustrare l’eccezionale inventiva di Giacosa che si spinse oltre, nel campo del risparmio nelle fasi di stampaggio, riuscendo a concepire un sistema per ridurre gli sfridi di metallo, durante lo stampaggio della realizzazione della intelaiatura della porta e della fiancata (che erano degli scatolati), riducendo contemporaneamente anche il lavoro alle presse di stampaggio lamiere. In pratica Giacosa concepì di stampare sullo stesso foglio di lamiera, sia la parte interna della portiera che quella esterna della fiancata ed in un altro secondo foglio l’opposto, la parte esterna della portiera, assieme a quella interna della fiancata, così come bene illustrato dai disegni sottostanti.

L’anno successivo, 1960, viene premiata un’altra vettura di derivazione Fiat ovvero la “Fiat Abarth 1000 Zagato” con questa motivazione: “Risultato di un design semi-industriale di qualità eccellente, che per l’adeguatezza dei caratteri estetici e tecnologici alle loro funzioni specifiche giunge a promuovere un momento semplicemente spregiudicato nell’interpretazione delle funzioni più generali della automobile, anche di grande serie “. Questa berlinetta, destinata ad impiego sportivo, grazie al piccolo motore bialbero di soli 1000 cmc ma potente (102 Cv) e al peso ridottissimo dell’auto (550 Kg.), realizzata dalla carrozzeria “La Zagato”, riusciva, grazie ad un basso rapporto Peso/Potenza 5,39 (Kg/Cv) a rendere questa berlinetta molto competitiva nei circuiti tortuosi, anche contro vetture più potenti.

Il premio Compasso d’Oro a volte ha riguardato solamente i componenti dell’auto, come è stato nel 1967 il caso del cerchione disegnato dall’Ufficio Tecnico della Fiat e realizzato dall’azienda Cromodora con la seguente motivazione: “La Commissione ravvisa nell’oggetto l’alta validità della soluzione tecnologica, che pur nel rispetto delle esigenze tecnico-costruttive valorizza l’espressività tradizionale del prodotto “.

Il prodotto premiato era un cerchione in lega leggera a 6 razze che grazie ad un disco di diverso colore nascondeva abilmente i 4 fori a croce per il fissaggio del cerchione al mozzo della ruota.

La Fiat Dino, nelle versioni Coupé e Spyder, fu l’auto scelta dalla Fiat ad utilizzare questo cerchione, elegante e dall’aspetto sportiveggiante.

Dopo quasi 15 anni, il premio Compasso d’Oro viene nuovamente assegnato ad un’auto: la vettura premiata è la Fiat Panda. Una rivoluzionaria utilitaria presentata al pubblico nel 1980 e nata dalla matita di Giorgetto Giugiaro della Sirp Italdesign per conto della Fiat che la aveva commissionata alla Italdesign. Nel 1981 questa utilitaria “minimal” vince il premio Compasso d’Oro, avendo sviluppato un concetto totalmente nuovo di automobile, completamente concentrato sull’esperienza abitativa grazie alla flessibilità dei suoi interni.

La didascalia presente nella zona espositiva della Panda, recita:” La versatilità negli usi e l’onestà delle soluzioni costruttive, che la emancipano dalla consuetudine dell’utilitaria (in cui venivano compressi ed economizzati gli stilemi delle auto di categoria superiore) la rendono immediatamente un’icona del design internazionale”. Il tutto è ben illustrato nei disegni esposti nella parete dello stand, dove le molteplici configurazioni proposte dalla Italdesign, ben evidenziano l’elevata funzionalità del sistema di arredamento interno, basato su tubi e teli in stoffa, che rendono questo arredamento contemporaneamente spartano ed innovativo, quali la possibilità di ripiegare la panchetta posteriore per avere un volume di carico notevole, oppure trasformare la Panda in un mini-camper ricavando due cuccette di fortuna all’interno, senza dimenticare il capiente portaoggetti interno dalla semplice apertura e pulizia.

Ma l’attività della giuria del Compasso d’Oro non conosce soste e negli ultimi anni ben 4 auto hanno attirato l’attenzione della giuria che, in aggiunta alla Ferrari Monza SP1 vista all’inizio, ha premiato negli ultimi 7 anni, le seguenti auto:

Anno 2014 – Ferrari F12 Berlinetta designer Flavio Manzoni Pininfarina Centro Stile Ferrari con la seguente motivazione: “Compasso d’Oro per la forma filante, la cui aerodinamica ottimizza le prestazioni della vettura”.

Anno 2016 – Ferrari FXX-K designer Flavio Manzoni Ferrari Design con Werner Gruber Ferrari Design. Un’auto prototipo facente parte del programma di ricerca e sviluppo Ferrari per vetture ad altissima prestazione non vincolate da omologazione stradale. Premiata con la seguente motivazione: “Compasso d’oro per automobili di grande artigianalità industriale che rispecchiano i valori della Ferrari e del Made in Italy, riconoscimento a un team formidabile che incarna i valori di un marchio storico”.

Anno 2018 – Alfa Romeo Giulia designer Centro Stile Alfa Romeo con la seguente motivazione: “La rinascita di un grande marchio cui è legato un pezzo importate della storia industriale italiana non è solo una questione di stile ma proprio la capacità di scrivere, attraverso il design, il valore di un prodotto di eccellenza”. Un premio prestigioso che premia il Centro Stile Alfa Romeo che ha realizzato un’auto estremamente valida e contemporaneamente molto abitabile e piacevole alla vista. Un compito solitamente molto più facile quando si tratta di auto prototipo o di piccola serie ma estremamente difficile quando si tratta di auto destinate alla grande produzione che richiedono il raggiungimento di numerosi compromessi legati alla grande produzione.

Concludo questo fotoreportage evidenziando che il Design Italiano è sempre stato all’avanguardia nel mondo e non solo nel campo delle auto, e chi avesse l’opportunità di visitare il museo dell’ADI a Milano, suggerisco di visitarlo perché contiene una grande raccolta di oggetti validi e piacevoli alla vista, ricordando che come si dice: “E’ la bellezza che salverà’ il mondo”.

Testo e foto di Flavio Scopinich