Abbiamo incontrato Renato Ronco nella “sua” Bordighera: classe 1940, Renato vanta una carriera lunghissima come giornalista sportivo, oltre 58 anni ad inseguire piloti e personaggi del motorsport. Grazie alla sua passione e professionalità è riuscito ad ottenere interviste spesso uniche ed intime dei più grandi piloti di Formula Uno. Passione che ancora oggi lo contagia e che riesce a trasmettere ai suoi interlocutori per l’enfasi e la simpatia di una vita di aneddoti. Ricordiamo che il giornalista è molto stimato e conosciuto perché è stato uno degli artefici della nascita della Scuderia delle Palme, sodalizio che avrà una grande storia con vittorie prestigiose ed un palmares di prim’ordine. Ci siamo fatti raccontare come è nata la sua carriera.
Cosa hanno rappresentato le auto da corsa nella sua vita, una passione o una professione?
“Fondamentalmente passione, che ho trasformato in professione ed è la cosa più bella del mondo! di sicuro è un modo di lavorare che ti lascia rilassato, nonostante le responsabilità, perché ti fa vivere nel “tuo” mondo, vivi nella passione!”.
Lei a 23 anni scriveva già su AutoItaliana, com’è iniziata la collaborazione?
“Bisogna osare sempre e questo ne è la prova. Nel 1963, appassionato com’ero, ho iniziato dalle basi: seguendo i kart, mi dilettavo a guidarli e fare tutto nell’ambiente, dal meccanico al pilota. Le piste di kart erano numerose tra Albenga a Montecarlo. Ogni giovedì aspettavo Auto Italiana e mi accorsi che nessuno riportava le cronache di quelle gare sul giornale. Presi coraggio e contattai quindi il giornale, che si dimostrò interessato ad essere messo in contatto con qualcuno che potesse fornire loro informazioni relative alle gare. Nemmeno a dirlo mi proposi io! Pensate che sulle piste di kart c’erano personaggi come Tino Brambilla e Necchi (e altri piloti che riempiranno le cronache future). Uscì dunque il primo trafiletto firmato RR a proposito di una gara a Ventimiglia. Riuscite ad immaginare che soddisfazione? Da quel momento, le mie piccole cronache informavano in modo minuzioso sul nascente mondo dei kart. Dopo i primi articoli fui contattato da Orazio Pettinelli (all’epoca responsabile del karting) che mi chiese di andare come inviato ufficiale della rivista a seguire una gara ad Albenga. Senza dubbio una piccola conquista! In realtà quel giorno lo ricordo in modo particolare perché proprio lì conobbi una ragazza, quella ragazza oggi è mia moglie da 58 anni!”.
“La mia prima intervista invece fu a Claudio Maglioli. Mi recai a Biella perché lui stava costruendo un motore per i kart: partii con la mia fidata Fiat 500, un viaggio epico, ma portai a casa una bella intervista. Fu un punto di partenza, perché da lì fui inviato a seguire le gare in salita, praticamente tutte le gare del nord, la Aosta – San Bernardo, la Aosta – Pila, la Garessio – San Bernardo, finchè nel 1965 accadde una cosa magica per me: fui inviato a Parigi per seguire la finale di Campionato del Mondo di Kart. Potevo davvero toccare il cielo con un dito! Nel periodo successivo mi contattò Quattroruote per la quale feci un servizio attraversando l’entroterra di Bordighera, con fotografo al seguito, nel periodo delle mimose in fiore. Ebbene, quel servizio fu scelto come apertura della rivista. Un altro ricordo fu un’inchiesta sul traffico in Liguria: partii da Bordighera e viaggiai fino a La Spezia in un solo giorno, percorrendo il Ponte Morandi che era ancora in fase di rifinitura, fui sicuramente uno dei primi ad attraversarlo”.
Nel suo libro “Carriere Spezzate” lei racconta dei personaggi che ruotavano intorno alla Scuderia delle Palme: com’è nato quel sodalizio?
“Io ero conosciuto come giornalista, quindi ero ormai ben introdotto nell’ambiente, e nel 1967 fui testimone di un evento drammatico, la morte di Lorenzo Bandini. Sempre nello stesso anno venne a mancare mio padre, perciò fui costretto a farmi carico di nuove responsabilità per la famiglia: aprii quindi a Bordighera una agenzia di assicurazioni, attività che portai avanti per 25 anni, continuando a fare il giornalista. Di sicuro la passione non diminuì e frequentando il bar dei genitori di Daniele Audetto, maturammo, insieme ad altri, l’idea di aprire un’associazione di appassionati chiamata AMCPB (Auto moto club Piani Borghetto). Fu di Audetto, nel 1966, l’idea di utilizzare la sua neonata cremeria (nel centro di Bordighera) come sede di questa nuovo club. Decidemmo però poi di fare le cose in grande, creando il presupposto per fondare una scuderia vera e propria, addirittura con uno sponsor, la seconda in Italia dopo il Jolly Club di Milano. Un nostro amico aveva contatti con una azienda di profumi che aveva sede nella Città dei Fiori: nacque così la Scuderia delle Palme sponsorizzata da Funel Profumi. Con questa trovata, piloti da tutta la Liguria e Piemonte accorrevano ad iscriversi al nostro club, addirittura fummo costretti ad aprire una filiale a Torino! Avevamo piloti di punta nostrani come Gigi Taramazzo e, solo per citarne alcuni, Pilone, Regis ed altri. Per due anni vincemmo la categoria delle scuderie nelle gare in salita ed anche nei rally riuscimmo a farci notare a livello nazionale. Restammo sulla cresta dell’onda fino agli anni ’70“.
C’è un pilota della scuderia che le ha lasciato un segno?
“Leo Cella, senza dubbio. Una persona affabile, piacevole, un ragazzo con un carattere d’oro. Nel libro “Carriere Spezzate” il mio ricordo personale è vero e puro, sicuramente una persona che ha lasciato un segno nella mia vita. Senza dubbio un ottimo pilota, ma lo ricordo soprattutto a livello umano”.
Circa un terzo delle oltre 1400 puntate della trasmissione “Crono” sono state girate a Bordighera: che rapporto ha con la sua città?
“La città di Bordighera ha dato i natali ai miei avi, sono infatti bordigotto da generazioni. E’ una città che mi ha dato la tranquillità e la stabilità sia per aprire la mia attività sia per fondare la Scuderia delle Palme. Ma possiamo dire che è vero anche il contrario: infatti, grazie alle 400 puntate girate nella città, ho fatto conoscere Bordighera in tutta Italia. Sicuramente è stato un dare ed un ricevere, occasioni per andare via sicuramente ce ne sono state, ma sono rimasto fedele alla mia città. Fedeltà ripagata nel 2018 quando il Descu Rundo di Bordighera volle riconoscere il mio impegno assegnandomi il premio Parmurelu d’Oru”.
Ha anche guidato una Formula1…
“In realtà ne ho guidate due! La prima volta è stato nel 1994 quando, tramite conoscenze, fui invitato a guidare una Dallara sulla pista di Misano. Feci ben 32 giri, un emozione incredibile, una vera auto da corsa, rigorosamente con cambio manuale, non sfigurai nemmeno. Girai assieme ad altri piloti tra cui Pierluigi Martini. La seconda invece fu nel 2006 quando assieme ad altri giornalisti fui selezionato per pilotare la Renault di Fernando Alonso. Al momento dei turni di guida uno dei cinque partecipanti non se la sentì e io presi subito il suo posto. Il circuito era quello di Le Castellet, una Formula 1 fantastica con cambio al volante, davvero un esperienza meravigliosa”.
Come è cambiata la professione del giornalista oggi? una volta si era impegnati sul campo, ora con una connessione internet e un pc si possono avere tutte le informazione in un attimo…
“Esatto, era proprio cosi, una volta anche un collegamento in certe condizioni era veramente un impresa. Sono convinto che oggi ci siano aspetti positivi e negativi come in tutte le cose. Sono convinto di una cosa, il giornalista si deve distinguere, deve essere originale: il segreto è non essere la fotocopia di nessun altro”.
Ha vinto numerosissimi premi e riconoscimenti: c’è un aneddoto, una conquista che ricorderà per sempre?
“Una non basta, sono almeno tre. La prima, da appassionato come sono di auto da sempre, è sicuramente quella di aver avuto la fortuna di guidare delle Formula 1, il top per me. La seconda è stata quella di conoscere Ayrton Senna, essergli amico e godere della sua stima: un persona unica che ricorderò per sempre. E la terza non posso che ricordare la Scuderia delle Palme: un’idea poi divenuta realtà che mi ha dato l’opportunità di conoscere tantissime persone, ottenere risultati ed essere riconosciuti ovunque… beh, è stato straordinario!”.
Progetti futuri? magari un nuovo libro…
“In effetti c’è qualcosa nell’aria, sto lavorando a una raccolta di tutti i miei articoli, aneddoti e ricordi legati alla mia lunga carriera: dal rapporto con Pininfarina passando per i piloti, sino ad arrivare a Marchionne. Lo dedico a mio nipote, sarà un vero e proprio tuffo nel passato”.
Siamo convinti che questo libro farà rivivere momenti magici ai moltissimi appassionati, che avranno il piacere di leggere un testo scritto con passione, professionalità e un pizzico di ironia che ha contraddistinto da sempre il modo di raccontare di Renato Ronco. (testo e foto di Nicolas Rettagliati)