Home Anche di altro Scarse prestazioni della Ferrari F1: analisi e riflessioni

Scarse prestazioni della Ferrari F1: analisi e riflessioni

578
0
(ph: da Ferrari.com)

Il nostro collaboratore Flavio Scopinich ha redatto alcune sue interessanti considerazioni sui possibili motivi delle attuali scarse prestazioni della Ferrari in F1. Le proponiamo volentieri.

La evidente scarsa performance della Ferrari in F1, mi ha spinto a cercare (da profano) di trovare una possibile spiegazione ai vari perché, senza per questo pretendere di volere dare suggerimenti al team Ferrari ed ai suoi dirigenti, che hanno sicuramente più informazioni di prima mano del sottoscritto, ma solamente considerare alcuni punti di riflessione ed analizzarli in modo semplice perché possano essere facilmente compresi dai non addetti ai lavori.

Tralascio volutamente l’aspetto psicologico del pilota di punta Sebastian Vettel, dove è chiaro che Vettel ha mal digerito e forse non è ancora riuscito a metabolizzare completamente, la notizia ad inizio anno, che non gli sarebbe stato rinnovato il contratto per il 2021. Notizia destabilizzante, per cui è probabilmente iniziata la danza del cane che si mangia la coda; ovvero se la squadra non ha più fiducia in me, come faccio io ad avere fiducia nella macchina che mi prepara la mia squadra, da li, la spirale discendente delle prestazioni di Vettel sia in prova prima, che in pista poi, prestazioni molte vote inferiori al suo compagno di squadra Leclerc.

Telaio – Sicuramente l’attuale telaio della Ferrari, non è dei migliori; faccio questa affermazione riferendomi alle prove del G.P. di Stiria in Austria; prove corse sul bagnato. Come è ben noto, generalmente su pista bagnata, la mancanza di potenza non rappresenta un handicap, in quanto molte volte lapotenza che si riesce a scaricare a terra è inferiore a quella fornita dalla macchina, e come conseguenza (come avveniva nel passato sul bagnato), una macchina con un telaio buono e motore scarso, riusciva sempre e comunque a fare bella figura, rispetto ad auto dotate di motori più potenti.

Aerodinamica – Confermando il vizio tipicamente italico dove: “L’erba del vicino è sempre più verde”, la Ferrari per la stagione 2020, ha cambiato la gestione dei flussi d’aria; l’anno scorso in Ferrari avevano i flussi d’aria fontale che (grazie ad un frontale evidentemente efficiente), erano deviati verso l’esterno della macchina, mentre tutti gli altri concorrenti avevano i flussi d’aria deviati verso l’interno nelle pance della macchina. Quest’anno in Ferrari, hanno seguito la soluzione adottata l’anno scorso da Mercedes & Compagni; soluzione che convogliava i flussi dell’aria all’interno dell’auto, con il probabile risultato di “ingolfare” la fluodinamica all’interno dell’auto stessa che era nata con una distribuzione di componenti meccanici e fluodinamici concepiti per un flusso d’aria minore. Questo probabile “ingolfamento” potrebbe ridurre l’effetto suolo dovuto ad una “depressione minore”, ed incasinando non poco l’uscita dei flussi d’aria dal retrotreno, creando quindi una resistenza all’avanzamento ed una minore efficacia di down force nel retrotreno, che potrebbe spiegare tutti i problemi di Vettel, manifestati con improvvisi testa e coda o sovrasterzi improvvisi. Evidenti problemi di aderenza, che lo hanno fortemente penalizzato in fase di accelerazione, e che rendono maggiormente difficile la gestione di trazione Hybrida quando in accelerazione il motore elettrico da un surplus di coppia.

Trazione Hybrida – Un sistema elettromeccanico di non completa assimilazione e facile gestione, nel senso che, l’idea di base come utilizzazione è semplice (affianco al motore convenzionale un motore elettrico che mi fornisce più potenza e coppia, e che prende energia dalle batterie che vengono caricate in fase di frenata). Purtroppo, la teorica ottimizzazione della trazione Hybrida, non è altrettanto semplice. Ad esempio, si riesce a fare un tempo migliore non sfruttando al limite i freni in staccata, ma frenando duro all’inizio (quando, data la velocità elevata, si crea una down force elevata sul retrotreno che ha il compito di caricare il sistema di accumulazione di energia) e solo successivamente, mollando progressivamente nella parte finale della frenata, riducendo le forze d’inerzia longitudinali, si scarica l’avantreno a vantaggio del retrotreno, per dare modo al treno posteriore di avere il massimo carico verticale possibile, e potere quindi “immagazzinare” una quantità di energia maggiore da utilizzare subito in uscita di curva (aerodinamica del posteriore efficiente, permettendo).

A parte l’aspetto della frenata, che serve ad immagazzinare una quantità di energia maggiore, ancora più importante risulta essere l’utilizzo corretto del motore elettrico, la cui principale caratteristica è la grande coppia motrice nella parte iniziale e quindi fornita alla trazione. A questo punto, sorge spontanea una domanda, è meglio usare la coppia del motore per accelerare l’auto oppure è meglio usare la potenza in eccesso, per andare veloci nei rettifili?

La risposta (anche se poco intuitiva) è ovvia, meglio accelerare che andare veloci, perché la velocità massima raggiunta è figlia della accelerazione ottenuta all’inizio dei rettifili. Mi spiego meglio, una accelerazione elevata mi consente istante per istante di essere più veloce del mio avversario e quindi essere in grado di distanziarlo. Se anche alla fine del rettifilo, sono un po’ più lento (perché la potenza la ho già spesa per la accelerazione), nel caso più sfavorevole, il mio avversario (al massimo), mi raggiunge solo se il rettifilo è molto lungo altrimenti son o nella posizione di conservare il vantaggio. Questo modus operandi richiede un sistema frenante molto efficiente e complesso, capace di gestire flussi di potenza elevati (passaggio di grande energia in poco tempo), che se così non fosse, diverrebbe un componente di potenziale rottura se sovra caricato, e conseguentemente potrebbe spiegare la defaillance a Monza dei freni posteriori di Vettel che hanno preso fuoco proprio nel 7° giro al G.P. di Monza.

Filosofia progettuale – Tornando al G.P. F1 di Monza, premesso che non mi piace sparare sul pianista (Binotto), ma potrebbe essere che l’avere inserito ingegneri provenienti dalla Fiat in Ferrari, validissimi tecnici che generalmente mentalmente sono orientati sulla grande produzione e non specificatamente sulle corse; un tipo di campo di azione ben diverso, che richiede una visione tecnica e strategica ben differente.

Nella grande produzione, solitamente si sacrificano le prestazioni in cambio della affidabilità, così l’auto non si rompe ma non cammina (probabilmente lo stesso tipo di scelta tecnica compiuta il 1° anno del KERS, con Alonso). Scelta tecnica, che sì consentiva alla macchina di arrivare sempre al traguardo, ma costantemente indietro nel piazzamento, e da allora, mi sembra la filosofia progettuale non sia cambiata di molto. In casa Fiat avevano in casa la squadra corse Lancia (diventata poi Abarth), una fucina di ingegneri e meccanici che il mondo ci invidiava; poi (sic!) per questioni di budget, fu chiusa, disperdendo ai 4 venti un Know How incredibile, sia in termini di attrezzature che di tecnici.

Tempi moderni – Una volta, le auto di Formula 1 erano essenzialmente gestite dai componenti meccanici che più o meno consentivano ad un ristretto gruppo di persone di progettare e costruire un’auto di F1; Forghieri, Chiti, Minardi e Dallara si facevano da soli una F1 dalla A alla Z. Le nuove F1 (come anche le auto di tutti i giorni), sono fortemente dipendenti da sistemi di regolazione elettronici che hanno soppiantato quelli meccanici, delegando ai pezzi meccanici il compito di trasmettere potenza ma da componenti passivi e non più attivi come prima. Questo sostanziale passaggio di competenze dalla meccanica alla elettronica è un po’ il tallone d’Achille delle vecchie scuderie legate a metodi più tradizionali, e magari non avere alla spalle grandi mezzi di ricerca sulla gestione della elettronica. Scuderie dal passato glorioso, che certamente non possono competere con marche dal nome ugualmente prestigioso, che alle spalle hanno interi dipartimenti di ricerca orientati ad esplorare cosa l’elettronica può fare prima e meglio su di un componente di regolazione elettronico, rispetto all’analogo sistema meccanico.

Non per niente attualmente in F1 le scuderie più performanti sono motorizzate da motori forniti da marche di grande produzione (Mercedes, Renault, Honda), che hanno alle spalle imponenti centri di ricerca dedicati all’esplorazione dei sistemi di regolazione elettronica. Conseguentemente, adesso un direttore tecnico di una scuderia, ha il compito estremamente gravoso e stressante, di dovere coordinare un numero elevato di capi divisione, rischiando di perdere la “Elicopter View” del progetto completo.

Una situazione poco piacevole, che come consolazione ha portato la vecchia Minardi (poi Toro Rosso, ora Alfa-Tauri), riconoscendo che è stata aiutata dalla fortuna, a fare suonare nuovamente l’Inno di Mameli al G.P. di Monza. (Flavio Scopinich)