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Il plagio nelle automobili

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Molte volte nel campo della canzone si sono registrate fenomeni di plagio, ovvero un compositore veniva accusato di avere copiato ritmi, arie o pezzi interi di brani musicali precedentemente scritti da altri artisti.
La medesima azione, nel campo estetico dell’automobilistico, è meno frequente, in quanto tutte le case automobilistiche, cercano sempre di dare una impronta di stile alle proprie auto, in modo che le auto di una determinata casa automobilistica, siano riconoscibili anche da lontano, anche al meno esperto delle persone comuni, come ad esempio lo “Scudo Alfa Romeo” oppure la linea coupé affusolata delle PORSCHE od il caratteristico radiatore delle ROLLS ROYCE che, con le astine verticali come colonne e la trave superiore richiama le fattezze di un tempietto greco.


Una attenzione quasi spasmodica sullo stile da parte delle case costruttrici, tanto è vero, che all’epoca della presentazione di uno dei primi modelli della FIAT 130 (l’ammiraglia FIAT degli anni ’70 motorizzata con un 6 cilindri da 2800 cc poi portato a 3200), la dirigenza FIAT, chiamata a dare l’approvazione al progetto, negò il luogo a procedere, lamentandosi che il modello presentato, assomigliava troppo all’ultima serie BMW “New Six”(chiamate così perché dotate del nuovo motore a 6 cilindri il linea da 2500 e 2800 cc). Comunque, anche dopo le modifiche apportate dallo stile FIAT, una certa somiglianza era pur rimasta.

Grande fonte di ispirazione per nuovi modelli, sono state molte volte le corse, che proponevano idee innovative, come ad esempio la Ferrari 250 SWB “Bread Van”, costruita nel 1962 per la scuderia “Serenissima” del Conte Volpi, al quale Ferrari aveva rifiutato di vendere le ultime Ferrari 250 GTO, obbligando Volpi ad acquistare delle Ferrari 250 SWB “Competizione”, e farle modificare dal Carrozziere Piero DROGO di Torino nel suo atelier, facendone elaborare la meccanica dal genio di Giotto BIZARRINI, l’ingegnere che aveva precedentemente partecipato presso Ferrari al progetto GTO. Bizarrini convinse Drogo ad abbassare il tetto per ridurre la sezione frontale e portare la linea del tetto orizzontalmente fino alla coda che terminando verticalmente, estremizzava il concetto della “Coda Tronca”, esposto da Kamm. La vettura (dalla linea molto innovativa, e più leggera di 75 Kg.), alla 24 ore di Le Mans del 1962, si rivelò ben più veloce delle sorelle 250 GTO, purtroppo, alla 4° ora di corsa (quando era al 9° posto assoluto), un guasto meccanico la fermò. Gli ottimi risultati sportivi ottenuti successivamente, furono tali che nel 1966 convinsero Giotto Bizarrini a costruire un ulteriore esemplare di “Bread Van” su telaio e meccanica ISO RIVOLTA.

Il concetto di una coupé da elevate prestazione a “Coda Tronca”, considerata molto innovativa per l’epoca, influenzò non poco la carrozzeria OSI, che nel 1966, presentò la ALFA ROMEO OSI “Scarabeo”; un interessante Coupé a motore centrale trasversale (che utilizzava la meccanica della Alfa Romeo Giulia GTA), un’auto destinata alla piccola produzione, purtroppo mai avviata.

L’idea di un’auto a linea affusolata, con i fari incorporati e i parafanghi posteriori allargati rispetto al corpo vettura, avente la coda tronca vetrata, rimasero temporaneamente congelati, fino a quando al Salone di Ginevra del 2006, la RENAULT presentò per la prima volta l’interessante prototipo “ALTICA” una carrozzeria coupé 2 porte con la coda tronca vetrata. Un’auto che nelle intenzioni segnava un intelligente punto di rottura, con le usuali linee stilistiche dell’inizio del millennio.

E’ altresì possibile, riprendere una idea ed uno stile utilizzato nel passato, e riproporla su di un’auto moderna, l’importante è che chi la ripropone, non la sbandieri come stile innovativo che stupisce il mondo. Ad esempio il dettaglio della doppia coppia di gobbe sul tetto, elemento di stile molto particolare che caratterizza la PEUGEOT RCZ, una bella Coupé francese presentata per la prima volta come prototipo al Salone di Francoforte del 2007 ed entrata in produzione a partire dal 2010.

Per quanto poco usuali, i fenomeni di auto uscite con linee di carrozzeria molto simili nelle linee rispetto ad auto uscite in precedenza, si trovano anche nel settore fuoristrada, un esempio per tutti è rappresentato dalla notevole somiglianza fra la inglese Range Rover “Classic”del 1970 e la Cecoslovacca TATRA 613 (inizialmente vestita nel 1975 dal carrozziere VIGNALE), la cui 3^ serie fu rivista nel 1985 dal designer V. Vyborny, come illustrato nella foto che ritrae un esemplare del 1991.

Ma a volte, il plagio di auto uscite contemporaneamente simili nel design è quasi involontario, come la storia di una “diatriba” tutta italiana, fra la LANCIA con il modello LANCIA BETA “Montecarlo” 1° Serie (1975), e la Ferrari con il modello 208 GTB presentate al pubblico nello stesso anno (1975).

Ambo e due le auto, erano state disegnate dal carrozziere Pininfarina, di cui lo stile (simile per le due auto) è evidente, soprattutto osservando la pinna posteriore chiusa dalla lamiera della carrozzeria ed il paraurti posteriore un po’ sporgente dalla coda tronca.

La potenza mediatica e contrattuale della Ferrari, prevalse sulla Lancia, obbligando la Lancia a sospendere la produzione della Montecarlo 1^ serie e potere riprendere la produzione della 2^ serie, solamente alcuni anni dopo (nel 1980), dopo avere apportato alcune modifiche, quali: la pinna posteriore vetrata ed il paraurti posteriore, meno sporgente rispetto alla carrozzeria.

Il caso sopra esposto tra la Ferrari 308 GTB e la LANCIA BETA Montecarlo, ha avuto conseguenze pratiche, solamente perché si trattava di auto in produzione ed in vendita al pubblico, altri casi simili di auto uscite dallo stesso carrozziere, non hanno avuto seguito rilevanti, perché si trattava di esercizi stilistici su di un prototipo di una marca e magari trasferiti su di un altro prototipo di un’altra marca, come per esempio accadde nel 1969 tra la Alfa Romeo 33/2 e la Ferrari 250 P5; quando il carrozziere Pininfarina si cimentò nella sfida di vestire la Alfa Romeo 33/2 Coupé, impegnandosi in una ricerca che era un’abile amalgama di: estetica, aereodinamica e tecnica. Una evoluzione cominciata molti anni prima e poi passata di telaio in telaio, da marca a marca e culminata nel 1969 (dopo avere presentato la Ferrari 250 P5), giungendo all’estremo ed essenziale telaio della 33 Stradale, dove peso, ingombri e vincoli erano ridotti al minimo, in quanto, come sempre la fantasia del designer, doveva avere sempre la strada libera e sgombra da costrizioni.

La continua ricerca di soluzioni aereodinamiche aveva portato alla definizione di numerosi dettagli come: i due parafanghi appuntiti che accoglievano i gruppi ottici a scomparsa, la bassa e larga feritoia anteriore (come nella Ferrari P5), che convogliava l’aria ai lati del parabrezza, attraverso due canalizzazioni interne, che avevano anche un effetto deportante alle alte velocità per meglio “schiacciare” l’avantreno e compensare l’elevato peso del motore 8V Alfa Romeo che gravava sul retrotreno. per finire la canalizzazione a rientrare sulle portiere per dare aria al motore

Ultima finezza, la canalizzazione, ricavata sulla parte esterna delle portiere, di due condotti a rientrare che da ambo le parti convogliavano l’aria all’interno del cofano motore dove, dopo essere passata attraverso il filtro dell’aria, arrivava direttamente ai tromboncini di aspirazione.

Ma a volte è capitato che il prototipo pensato per una marca automobilistica, sia stato usato per la produzione di un’auto di un altro costruttore, come nel caso del prototipo “Iguana” su meccanica Alfa Romeo presentato nel 1969, il cui bel frontale con la caratteristica del cofano incassato fra i parafanghi spigolosi, fu replicato sulla Maserati “Bora” presentata successivamente nel 1973.

Un altro esempio di trasferimento di un prototipo di una marca al modello di un’altra marca è rappresentato dalla LANCIA STRATOS ZERO del 1970 che è stato felicemente replicato sulla Lamborghini Countach dell’anno successivo (1971)

Concludo questa presentazione ricordando che i casi illustrati sono alcuni tra i più evidenti e noti, ma ce ne sono altri ancora meno conosciuti.

Flavio Scopinich